
Foto di Michela Leonardi
Abbiamo appena pubblicato su bioRxiv un nuovo preprint dal titolo: mtDNA-based reconstructions of change in effective population sizes of Holarctic birds do not agree with their reconstructed range sizes based on paleoclimates. La prima autrice è Eleanor Miller, del Dipartimento di Zoologia dell’Università di Cambridge, che ha lavorato sotto la supervisione di Andrea Manica e William Amos (anche loro con la stessa affiliazione).
ATTENZIONE: Questo articolo è un preprint, che vuol dire che non è ancora stato sottoposto a una revisione fra pari (peer-review), per il momento è stato inviato a una rivista scientifica e attende di essere valutato. E’ probabile quindi che la versione finale, dopo il processo di revisione, contenga diversi cambiamenti inclusi nuovi risultati o potenziali nuove analisi a sostegno dei risultati.
In questo articolo abbiamo studiato 102 specie di uccelli che vivono in ambienti diversi di Eurasia e Nord America, cercando di capire in che modo i cambiamenti climatici che sono avvenuti dopo l’ultimo massimo glaciale (intorno ai 21.000 anni fa) hanno influenzato la loro demografia. Infatti durante l’ultimo massimo glaciale il clima era molto più freddo, il ghiaccio perenne copriva gran parte dell’emisfero nord, e alcuni ambienti erano molto più diffusi (ad esempio la steppa e le praterie fredde) mentre altri erano molto meno diffusi (per esempio le foreste). Per questo ci si poteva aspettare una differenza nella risposta demografica di specie che vivono in ambienti diversi.
Ricostruire la demografia del passato è un compito molto difficile, non c’è un metodo che permetta di farlo in modo diretto. Quello che si può fare è usare diversi metodi che calcolano delle misure che possano darci informazioni indirette su quello che poteva essere il numero di individui in un determinato momento. Nel nostro articolo abbiamo usato due di questi metodi, che si basano su dati diversi e assunzioni diverse, in modo da massimizzare la quantità di informazioni ricavate.
Il primo di questi approcci sono i Bayesian Skyline Plot [1], che ricostruiscono la dimensione effettiva della popolazione [2] nel tempo sulla base del DNA mitocondriale. Nonostante il nome possa trarre in inganno, questa misura non è strettamente legata al numero di individui, indica piuttosto il grado di variabilità genetica presente nella popolazione. Si basa sull’assunzione che la tutti gli individui abbiano la possibilità di incrociarsi fra di loro, e la stessa probabilità di riprodursi: in queste condizioni una popolazione con più individui ha una variabilità genetica più alta, per questo motivo le ricostruzioni della dimensione effettiva sono considerate informative sulla demografia. Tuttavia vanno interpretate con attenzione perchè possono essere influenzate anche dal grado di isolamento geografico, dalla presenza di barriere geografiche fra gruppi di individui, e da molti altri fattori. Pubblicherò fra poco un capitolo di libro su questo tema, che mette in chiaro alcuni degli errori più frequenti che si possono fare nell’interpretazione di questo genere di informazioni.
Il secondo metodo è la modellizzazione ecologica della distribuzione delle specie (in inglese Species Distribution Modelling) [3]. Questa classe di metodi associa le osservazioni di una specie con le caratteristiche ambientali o climatiche in cui vive, per ricostruire l’areale di distribuzione potenziale sia nel presente, sia nel passato (o nel futuro) quando sono disponibili simulazioni del clima di altri periodi. Anche in questo caso la dimensione dell’areale di distribuzione non è direttamente correlata al numero di individui, ma spesso si usa questa misura come proxy della demografia presupponendo che areali più grandi possano sostenere un maggior numero di individui.
Abbiamo confrontato le traiettorie degli skyline plots negli ultimi 21.000 anni con le differenze fra gli areali di distribuzione di 21.000 anni fa e del presente. Nonostante si osservi nella maggior parte delle specie un aumento in entrambe le misure, le traiettorie delle due misure non sono correlate. Probabilmente ci troviamo di fronte a fenomeni che non sono evidenti solo sulla base delle due misure analizzate, come ad esempio dei cambi di densità di popolazione.
Le nostre analisi dimostrano che quando si parla di demografia del passato è fondamentale non considerare le informazioni tratte da un solo metodo, e ricordare che dietro ad ogni modello o misura ci sono delle assunzioni importanti che vanno testate volta per volta. La realtà è sempre più complessa dei metodi che usiamo per ricostruirla, per questo bisogna integrare diversi approcci in modo da riuscire ad avere un quadro della situazione il più completo possibile.
Ecco le informazioni bibliografiche e l’abstract dell’articolo (in inglese).
mtDNA-based reconstructions of change in effective population sizes of Holarctic birds do not agree with their reconstructed range sizes based on paleoclimates
During the Quaternary, large climate oscillations had profound impacts on the distribution, demography and diversity of species globally. Birds offer a special opportunity for studying these impacts because surveys of geographical distributions, publicly-available genetic sequence data, and the existence of species with adaptations to life in structurally different habitats, permit large-scale comparative analyses. We use Bayesian Skyline Plot (BSP) analysis of mitochondrial DNA to reconstruct profiles depicting how effective population size (Ne) may have changed over time, focussing on variation in the effect of the last deglaciation among 102 Holarctic species. Only 3 species showed a decline in Ne since the Last Glacial Maximum (LGM) and 7 showed no sizeable change, whilst 92 profiles revealed an increase in Ne. Using bioclimatic Species Distribution Models (SDMs), we also estimated changes in species potential range extent since the LGM. Whilst most modelled ranges also increased, we found no correlation across species between the magnitude of change in range size and change in Ne. The lack of correlation between SDM and BSP reconstructions could not be reconciled even when range shifts were considered. We suggest the lack of agreement between these measures might be linked to changes in population densities which can be independent of range changes. We caution that interpreting either SDM or BSPs independently is problematic and potentially misleading. Additionally, we found that Ne of wetland species tended to increase later than species from terrestrial habitats, possibly reflecting a delayed increase in the extent of this habitat type after the LGM.
bioRxiv 2019.12.13.870410; doi: https://doi.org/10.1101/2019.12.13.870410
Bibliografia
[1] Ho SYW, Shapiro B. 2011. Skyline-plot methods for estimating demographic history from nucleotide sequences. Mol. Ecol. Resour. 11:423–434. https://doi.org/10.1111/j.1755-0998.2011.02988.x
[2] Hawks J. 2008. From Genes to Numbers: Effective Population Sizes in Human Evolution. In Recent Advances in Palaeodemography: Data, Techniques, Patterns. https://doi.org/10.1007/978-1-4020-6424-1_1
[3] Elith J, Leathwick JR. 2009. Species Distribution Models: Ecological Explanation and Prediction Across 537 Space and Time. Annu Rev Ecol Evol Syst. 40(1):677–697. https://doi.org/10.1146/annurev.ecolsys.110308.120159