L’effetto delle migrazioni e del clima sulla comparsa dell’emicrania

Figura 1 da Key et al 2018, che mostra le popolazioni studiate, le frequenze della variante genetica associata con l’emicrania, la temperatura media, e l’FST (una misura della sistanza genetica fra popolazioni).

È appena uscito su Headache il nostro commento “Did Going North Give Us Migraine? An Evolutionary Approach on Understanding Latitudinal Differences in Migraine Epidemiology” . Commentiamo una recente pubblicazione (Key et al. 2018, Human local adaptation of the TRPM8 cold receptor along a latitudinal cline, PLoS Genet, 14 (5), e1007298) che ricostruisce la storia evolutiva di una variante genetica associata all’emicrania.

Molto spesso medici e biologi analizzano le stesse varianti genetiche (ad esempio quelle associate ad alcuni disturbi o malattie) con approcci completamente diversi. La medicina si concentra sugli effetti e sulla distribuzione di queste varianti nelle popolazioni umane, mentre la biologia cerca di capirne l’origine e la diffusione nel tempo. Integrare i risultati delle analisi biologiche negli studi medici può dare informazioni importanti sul perchè queste varianti sono presenti nelle popolazioni umane, e sui meccanismi biologici che le hanno portate a diffondersi.

Questo articolo è scritto in collaborazione con Alessandro Viganò and Vittorio di Piero, due medici dell’Università di Roma La Sapienza proprio per risolvere questo impasse. Il nostro scopo era di mostrare alla comunità medica l’importanza di integrare un approccio evolutivo nello studio dell’emicrania e di altre malattie geneticamente determinate.

Alessandro Viganò, Andrea Manica, Vittorio Di Piero, Michela Leonardi

Did Going North Give Us Migraine? An Evolutionary Approach on Understanding Latitudinal Differences in Migraine Epidemiology

This commentary discusses a recent publication by evolutionary biologists with strong implications for migraine experts. The Authors showed that a gene polymorphism associated with migraine gave our ancestors an evolutionary advantage when colonizing northern, and thus colder, territories. They then highlight that the prevalence of migraine may differ among countries because of climatic adaptation. These results may prove useful in planning both epidemiological and physiological studies in the field of migraine.

Headache, 59 (4), 632-634 https://doi.org/10.1111/head.13520

La storia genetica della popolazione femminile di Lucca

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The city of Lucca as seen from satellite. Source: Google Earth.

È appena uscito nell’ American Journal of Physical Anthropology il mio nuovo articolo The female ancestor’s tale: Long‐term matrilineal continuity in a nonisolated region of Tuscany (a pagamento), in collaborazione con Guido Barbujani, Silvia Ghirotto e Francesca Tassi, a Ferrara, e David Caramelli, Stefania Vai e altri colleghi di Firenze. Ecco un link da cui si può leggere il pdf gratuitamente.

La Toscana nord-occidentale (corrispondente all’incirca alle province di Lucca e Massa Carrara) è da sempre un corridoio di scambio tra l’Italia centrale e quella nord-occidentale. La regione fu contesa tra Etruschi e Liguri, fu poi conquistata dai Romani, e nei secoli successivi subì diversi avvicendamenti di dominatori.

In questo articolo abbiamo cercato di capire se e quando questa storia così complessa ha causato una discontinuità matrilineare nella popolazione locale. Lo abbiamo fatto analizzando una porzione del DNA mitocondriale in 119 campioni della regione, datati all’età del Rame (circa 5.000 anni fa); al periodo romano; al Rinascimento e ai giorni nostri. Abbiamo anche incluso alcune sequenze etrusche provenienti da tutta la Toscana e una località del Lazio.

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Utilizzando simulazioni al computer, abbiamo scoperto che l’ipotesi più probabile per spiegare la diversità genetica nei nostri campioni è che appartengano alla stessa popolazione, in continuità nel tempo. Questo risultato ci ha sorpreso molto: gradi simili di continuità a lungo termine sono stati osservati principalmente in zone geograficamente isolate, mentre (come abbiamo visto) la Toscana nord-occidentale è stata un corridoio di popoli.

Una possibile spiegazione di questi risultati è che i cambiamenti storici osservati nella Toscana nord-occidentale (conquiste, immigrazione ecc.) abbiano comportato prevalentemente l’arrivo di uomini dall’esterno che si sarebbero uniti con donne locali. È anche possibile che i conquistatori esterni (romani, longobardi, francesi) e la popolazione locale non si mescolassero in modo significativo perché facevano parte di gruppi sociali diversi. Qualunque sia la regione, gli odierni lucchesi sembrano essere i diretti discendenti delle donne vissute millenni fa, insegnandoci che la continuità genetica non si trova solo in comunità isolate.

Articolo

Michela Leonardi, Anna Sandionigi, Annalisa Conzato, Stefania Vai, Martina Lari, Francesca Tassi, Silvia Ghirotto, David Caramelli, Guido Barbujani
The female ancestor’s tale: long term matrilineal continuity in a nonisolated region of Tuscany.
American Journal of Physical Anthropology ; 167: 497–506. https://doi.org/10.1002/ajpa.23679

Abstract

Objectives: With the advent of ancient DNA analyses, it has been possible to disentangle the contribution of ancient populations to the genetic pool of the modern inhabitants of many regions. Reconstructing the maternal ancestry has often highlighted genetic continuity over several millennia, but almost always in isolated areas. Here we analyze North‐western Tuscany, a region that was a corridor of exchanges between Central Italy and the Western Mediterranean coast.

Materials and methods: We newly obtained mitochondrial HVRI sequences from 28 individuals, and after gathering published data, we collected genetic information for 119 individuals from the region. Those span five periods during the last 5,000 years: Prehistory, Etruscan age, Roman age, Renaissance, and Present‐day. We used serial coalescent simulations in an approximate Bayesian computation framework to test for continuity between the mentioned groups.

Results: Our analyses always favor continuity over discontinuity for all groups considered, with the Etruscans being part of the genealogy. Moreover, the posterior distributions of the parameters support very small female effective population sizes.

Conclusions: The observed signals of long‐term genetic continuity and isolation are in contrast with the history of the region, conquered several times (Etruscans, Romans, Lombards, and French). While the Etruscans appear as a local population, intermediate between the prehistoric and the other samples, we suggest that the other conquerors—arriving from far—had a consistent social or sex bias, hence only marginally affecting the maternal lineages. At the same time, our results show that long‐term genealogical continuity is not necessarily linked to geographical isolation.

Am J Phys Anthropol. 2018;1–10. https://doi.org/10.1002/ajpa.23679 

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L’effetto di 40.000 anni di cambiamenti climatici sui cavalli

Horses in Camargue, France. Photo by Michela Leonardi
Cavalli in Camargue, Francia. Foto di Michela Leonardi

È appena uscito su Science Advances il nostro articolo “Late Quaternary horses in Eurasia in the face of climate and vegetation change“, frutto di una collaborazione fra Ludovic Orlando (Copenhagen/Toulouse), David Nogues-Bravo (Copenaghen), Andrea Manica (Cambridge), Francesco Boschin e Paolo Boscato (Siena), e molti altri!

Questo studio rappresenta lo sforzo più ambizioso fatto finora per ricostruire la paleoecologia del cavallo in Eurasia. Abbiamo studiato più di 40 mila anni di relazione cavallo-ambiente per ottenere una migliore comprensione delle dinamiche ecologiche attraverso lo spazio e il tempo. I nostri risultati suggeriscono che i cavalli europei e asiatici mostrano diversi adattamenti climatici; consentono una migliore comprensione della progressiva riduzione dei resti di cavalli europei durante l’Olocene e gettano nuova luce sui potenziali centri di domesticazione.

Michela Leonardi, Francesco Boschin, Konstantinos Giampoudakis, Robert M. Beyer, Mario Krapp, Robin Bendrey, Robert Sommer, Paolo Boscato, Andrea Manica, David Nogues-Bravo and Ludovic Orlando

Late Quaternary horses in Eurasia in the face of climate and vegetation change

Wild horses thrived across Eurasia until the Last Glacial Maximum to collapse after the beginning of the Holocene. The interplay of climate change, species adaptability to different environments, and human domestication in horse history is still lacking coherent continental-scale analysis integrating different lines of evidence. We assembled temporal and geographical information on 3070 horse occurrences across Eurasia, frequency data for 1120 archeological layers in Europe, and matched them to paleoclimatic and paleoenvironmental simulations for the Late Quaternary. Climate controlled the distribution of horses, and they inhabited regions in Europe and Asia with different climates and ecosystem productivity, suggesting plasticity to populate different environments. Their decline in Europe during the Holocene appears associated with an increasing loss and fragmentation of open habitats. Europe was the most likely source for the spread of horses toward more temperate regions, and we propose both Iberia and central Asia as potential centers of domestication.

Science Advances, Vol. 4, no. 7, eaar5589