Il 12 di febbraio è un giorno importante per l’evoluzione. Nell’anniversario della nascita di Charles Darwin, infatti, studiosi e appassionati dell’evoluzione si riuniscono per il Darwin Day, celebrando lo scienziato e la sua eredità scientifica e culturale.
Per festeggiare la ricorrenza, anche quest’anno ho organizzato un’intervista online per Meet Science alla naturalista e divulgatrice Chiara Ceci, esperta di Darwin.
14 febbraio 2024, ore 21 Darwin day 2024 – Tutto quello che avresti voluto sapere su Darwin
La figura pubblica e professionale di Darwin è universalmente nota. Per noi la celebrazione del Darwin Day coinciderà con Dan Valentino, e in questa occasione Chiara Ceci ci porterà “dietro le quinte” alla scoperta della sua vita in famiglia, la affascinante figura della moglie Emma Wegdwood Darwin, e la loro splendida casa a Down, ora musealizzata insieme al giardino e alle serre. Scopriremo insieme anche i misteri che hanno circondato per anni alcuni libri importanti, di cui nel tempo si erano perse le tracce.
Ci sarà ampio spazio per le domande, per cui preparatevi a chiedere tutto quello che avreste voluto sapere su Darwin (ma non avete mai osato chiedere)!
Ho già avuto il piacere di intervistare Chiara Ceci qualche anno fa, se volete approfondire potete vedere qui il video del Darwin Day 2021 in cui con Marco Ferraguti hanno parlato della prima edizione italiana dell’Origine delle specie. Trovate a questo link tutte le interviste che ho fatto per Meet Science fino ad ora. Per ricevere aggiornamenti sulle attività di Meet Science potete seguirci su Telegram, Instagram, YouTube e Facebook.
Un paio di giorni fa mi è successa una cosa molto emozionante. È uscito un mio lavoro che racchiude in una manciata di pagine quasi tutta la mia vita professionale. Mi ha dato l’impressione di un viaggio nel tempo, che mi ha portato non solo alla scoperta di un’umanità antichissima, ma anche alle origini della mia passione per questi temi.
Lo studio cerca di rispondere ad una domanda che chi lavora nell’archeologia preistorica si è chiesto per oltre un secolo. A un certo punto della storia umana (quasi due milioni di anni fa) i nostri antenati in giro per il mondo hanno inventato e usato uno strumento nuovo, difficile da produrre ma estremamente innovativo, versatile, e (diciamocelo) anche molto bello da vedere: il bifacciale (a volte chiamato anche “amigdala”). I bifacciali sono pietre lavorate fino ad avere una forma molto caratteristica, simile a quella di una goccia o di una mandorla.
Da quando sono stati scoperti, però, ci si è resi conto che i bifacciali nascondevano un mistero. Pur essendo stati prodotti e utilizzati per oltre un milione e mezzo di anni in Africa, Asia ed Europa, non si trovano ovunque. Ci sono molti siti archeologici in cui se ne ritrovano tanti, e altri (magari non molto lontani nello spazio e/o nel tempo) dove non ce n’è traccia. Perchè?
Insieme ai miei colleghi di Cambridge e di Buffalo abbiamo trovato una risposta a questo enigma, almeno per quanto riguarda l’Europa. Ha a che fare con il clima, perchè vediamo che i bifacciali erano prodotti in aree con caratteristiche ben precise: non troppo calde, non troppo fredde, non troppo aride… potremmo dire un clima “piacevole” almeno dal nostro punto di vista moderno. Ma questo non vuol dire che i bifacciali venissero usati per attività strettamente legate a questo clima, o agli animali o le piante che vi si trovavano, perchè già si sapeva che non è questo il caso.
E allora? E allora c’è un’altra variabile che dobbiamo prendere in considerazione: la cultura. Diversi studi (ad esempio questo, pubblicato nel 2009 su Science) hanno dimostrato che quando i gruppi umani sono più grandi, non solo è più facile che ci siano invenzioni o innovazioni complesse, ma anche che il modo di realizzarle venga insegnato ad altre persone, e che quindi si possa continuare a produrle e a usarle nel tempo. Quando invece i gruppi sono più piccoli, è molto più facile che una conoscenza o una competenza vengano dimenticate, se chi le aveva non è stato in grado di trasmetterle ad altre persone che le mantenessero vive.
E quindi la nostra conclusione è questa: troviamo l’Acheuleano (ovvero la cultura dei bifacciali) nelle zone con un clima più favorevole, perché era lì che la densità di popolazione era più alta e quindi era più facile che le competenze complesse richieste per produrli venissero trasmesse nel tempo.
Una volta rispolto il mistero dei bifacciali, riguardando alcune delle nostre analisi abbiamo notato un particolare molto importante. Non è difficile trovare i bifacciali in zone geografiche molto aride in estate, oppure molto fredde in inverno. Ma non li troviamo in posti che sono allo stesso tempo molto freddi in inverno e molto aridi in estate. Questo ci suggerisce che le popolazioni che li producevano rimanessero in questi siti solo nella stagione in cui il clima era favorevole, e invece si spostassero altrove quando era troppo freddo o arido.
Questo genere di migrazione stagionale è un comportamento comune nella nostra specie, Homo sapiens. Ma nel nostro studio abbiamo analizzato popolazioni umane vissute fra gli 800 e i 130 mila anni fa: appartenevano a specie molto diverse dalla nostra (ad esempio Homo heidelbergensis, Homo antecessor, o altre forme umane di difficile definizione come il cranio di Ceprano). Una migrazione stagionale per centinaia di chilometri implica capacità cognitive complesse, ad esempio quelle necessarie a pianificare strategicamente le attività in previsione di eventi futuri e in anticipo rispetto ai bisogni immediati. E questa possibilità non era ancora mai stata dimostrata per esseri umani così antichi.
E infine una piccola nota personale.
All’inizio ho scritto che questo articolo racchiude in poche pagine tutto il mio pecorso professionale. All’università ho studiato archeologia preistorica a Ferrara, e ho scoperto i bifacciali e le popolazioni che li costruivano grazie alle bellissime lezioni dei proff. Antonio Guerreschi e Carlo Peretto. Con quest’ultimo ho anche scavato per molti anni a Isernia la Pineta, che ho avuto il piacere di citare in questo articolo. È a loro che vorrei dedicare questo lavoro, ringraziandoli per tutto quello che mi hanno insegnato e per aver, senza saperlo, posto molti anni fa le basi di questo studio.
Età minima: 18 anni. Il Whale cafè rimarrà aperto per tutta la serata, e ci sarà la possibilita di acquistare bevande e snack.
Raggiungeteci per una visita fuori orario al Museo di Zoologia per divertirci con giochi da tavolo a tema “animali”. Si potrà prendere qualcosa da bere, e Waterstone Games ci guiderà alla scoperta dei giochi disponibili. Io, oltre a godermi la serata, vi presenterò (e giocherò con voi a) Climate Change, il gioco da tavolo che ho creato ispirandomi al mio lavoro.
Chi vuole partecipare può farlo acquistando un biglietto qui.
Sono molto felice di poter condividere una splendida notizia. Oggi ho iniziao un nuovo lavoro al Museo di Storia Naturale di Londra!
Lavorerò nel gruppo Plants under Pressure, guidato dal Dr. Neil Brummitt. Studierò la biodiversità nelle foreste dell’Africa tropicale. I risultati delle mie analisi daranno indicazioni alle comunità locali per riforestare zone minerarie abbandonate.
Questo aspetto è molto importante per me. E’ la prima volta che il mio lavoro ha un impatto diretto sulla conservazione e il riristino degli ecosistemi, ed è una splendida occasione per contribuire (nel mio piccolo) a creare un futuro migliore. Sono anche emozionatissima all’idea di andare a lavorare al Museo! E’ un’istituzione meravigliosa che con il suo lavoro ispira migliaia di persone, e sono fiera di poter fare la mia parte in questo senso.
Questo progetto è finanziato dal Governo del Regno Unito tramite un Knowledge Assets Grant Fund: finanziamenti dati per lo sviluppo una maggiore diffusione o la commercializzazione delle conoscenze intellettuali.
Ieri ho avuto di nuovo un’occasione per fare divulgazione al Museo di Zoologia di Cambridge. C’erano due classi di 12-13 anni e abbiamo parlato di cambiamenti climatici e sperimentato il loro effetto sugli animali. Come sempre in questi casi, abbiamo iniziato con una breve presentazione su cambiamenti climatici ed evoluzione, peŕpoi giocare a “Climate change” il mio gioco da tavolo sul tema.
Imparare i meccanismi con cui i cambiamenti climatici impattano gli animali ci aiuta a capire meglio i possibili effetti dell’attuale emergenza climatica. Ed esplorarli attraverso un gioco rende l’esperienza degli studenti e delle studentesse più coinvolgente e meno stressante rispetto a quando si segue una lezione o un seminario.
Chi volesse svolgere con me attività di questo tipo a scuola può scrivermi attraverso il modulo di contatto.