Demografia genetica: cos’è e come si interpreta

È appena uscito il capitolo che ho scritto insieme a Guido Barbujani (Ferrara) e Andrea Manica (Cambridge) per un libro accademico:

Leonardi, M., G. Barbujani, and A. Manica. 2021
Genetic demography: What does it mean and how to interpret it, with a case study on the Neolithic transition
In Ancient Connections in Eurasia, ed. by H. Reyes-Centeno and K. Harvati, pp. 91-100. Tübingen: Kerns Verlag. ISBN: 978-3-935751-37-7. https://doi.org/10.51315/9783935751377.005

Questo capitolo descrive cosa sono e come si fanno le ricostruzioni demografiche sulla base dei dati genetici. Vuole essere uno strumento per gli studiosi al di fuori del campo della genetica delle popolazioni (ad esempio archeologi, antropologi, ecc.) per comprendere meglio il significato e i limiti intrinseci della demografia genetica e per aiutare a integrare i suoi risultati nel più ampio contesto della ricostruzione del passato umano.

Il capitolo passa anche in rassegna gli studi che utilizzano questi metodi per ricostruire la transizione demografica del Neolitico.

Abstract

The present work describes the basic principles underlying demographic reconstructions from genetic data, and reviews the studies using such methods with respect to the Neolithic Demographic Transition. It is intended as a tool for scholars outside the field of population genetics (e.g., archaeologists, anthropologists, etc.) to better understand the significance and intrinsic limitations of genetic demography, and to help integrate its results within the broader context of the reconstruction of the human past.

Una nuova spiegazione per la struttura genetica della parula delle mangrovie

È appena uscito su BioRxiv un nuovo preprint a cui ho lavorato.

Quando le specie temperate che vivono nell’emisfero nord mostrano una struttura genetica senza che ci sia un motivo evidente per spiegarla, è probabile che dipenda da ciò che è successo durante l’ultima glaciazione.

L’espansione dei ghiacci intorno a 21.000 anni fa ha portato molte specie a doversi spostare nei cosiddetti “rifugi glaciali”, zone più a sud dove il clima rimaneva più mite. Se di zone rifugio ce n’erano più di una, ed erano isolate fra di loro, quella che prima era una singola popolazione poteva dividersi e differenziarsi, e poi mantenuere questa struttura genetica tornando a nord dopo la fine della glaciazione.

È importante, però, non dare per scontato che la presenza di rifugi glaciali diversi sia la spiegazione principale quando si osserva della struttura genetica. Per dimostrarlo, abbiamo testato se questa ipotesi è valida per la parula delle mangrovie (Setophaga petechia), un piccolo uccello passeriforme di colore giallo che vive nel Nord America.

Maschio di parula delle mangrovie (Setophaga petechia).
Foto di Alan Vernon da Flickr. Licenza: CC BY-NC-SA 2.0 

Un articolo che studia la genetica di questa specie ha trovato una struttura molto evidente: le popolazioni dell’est e dell’ovest sono piuttosto diverse fra di loro, mentre quelle che vivono nella zona centrale sembrano avere caratteristiche intermedie fra le altre due.

Nel nostro studio abbiamo simulato esplicitamente la storia genetica di questo uccellino negli ultimi 50.000 anni. In questo modo abbiamo potuto testare se durante il massimo glaciale (intorno a 21.000 anni fa) la specie si fosse spostata in un solo rifugio o in più di uno, e cosa è avvenuto durante il ripopolamento del Nord America quando il clima è tornato ad essere più caldo.

Immagine

Usando queste simulazioni abbiamo potuto dimostrare che la parula delle mangrovie aveva un solo rifugio glaciale. La diversità genetica osservata è invece il risultato di un’espansione asimmetrica. I ghiacci si sono ritirati in periodi diversi nell’est e nell’ovest del Nord America, e le popolazioni sono tornate verso nord in momenti diversi, il che ha creato la struttura genetica che possiamo osservare oggi.

È importante ricordare che la presenza di rifugi glaciali multipli è solo una delle possibili spiegazioni per la struttura genetica in una popolazione. Invece di considerarla la risposta standard, dovremmo verificare se è la spiegazione più probabile per la specie che si sta studiando.

Preprint

Eleanor F. Miller, Michela Leonardi, Robert Beyer, Mario Krapp, Marius Somveille, Gian Luigi Somma, Pierpaolo Maisano Delser, Andrea Manica
Post-glacial expansion dynamics, not refugial isolation, shaped the genetic structure of a migratory bird, the Yellow Warbler (Setophaga petechia)
bioRxiv 2021.05.10.443405; doi: https://doi.org/10.1101/2021.05.10.443405

ABSTRACT

During the glacial periods of the Pleistocene, swathes of the Northern Hemisphere were covered by ice sheets, tundra and permafrost leaving large areas uninhabitable for temperate and boreal species. The glacial refugia paradigm proposes that, during glaciations, species living in the Northern Hemisphere were forced southwards, forming isolated, insular populations that persisted in disjunct regions known as refugia. According to this hypothesis, as ice sheets retreated, species recolonised the continent from these glacial refugia, and the mixing of these lineages is responsible for modern patterns of genetic diversity. However, an alternative hypothesis is that complex genetic patterns could also arise simply from heterogenous post-glacial expansion dynamics, without separate refugia. Both mitochondrial and genomic data from the North American Yellow warbler (Setophaga petechia) shows the presence of an eastern and western clade, a pattern often ascribed to the presence of two refugia. Using a climate-informed spatial genetic modelling (CISGeM) framework, we were able to reconstruct past population sizes, range expansions, and likely recolonisation dynamics of this species, generating spatially and temporally explicit demographic reconstructions. The model captures the empirical genetic structure despite including only a single, large glacial refugium. The contemporary population structure observed in the data was generated during the expansion dynamics after the glaciation and is due to unbalanced rates of northward advance to the east and west linked to the melting of the icesheets. Thus, modern population structure in this species is consistent with expansion dynamics, and refugial isolation is not required to explain it, highlighting the importance of explicitly testing drivers of geographic structure.

La storia genetica della popolazione femminile di Lucca

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The city of Lucca as seen from satellite. Source: Google Earth.

È appena uscito nell’ American Journal of Physical Anthropology il mio nuovo articolo The female ancestor’s tale: Long‐term matrilineal continuity in a nonisolated region of Tuscany (a pagamento), in collaborazione con Guido Barbujani, Silvia Ghirotto e Francesca Tassi, a Ferrara, e David Caramelli, Stefania Vai e altri colleghi di Firenze. Ecco un link da cui si può leggere il pdf gratuitamente.

La Toscana nord-occidentale (corrispondente all’incirca alle province di Lucca e Massa Carrara) è da sempre un corridoio di scambio tra l’Italia centrale e quella nord-occidentale. La regione fu contesa tra Etruschi e Liguri, fu poi conquistata dai Romani, e nei secoli successivi subì diversi avvicendamenti di dominatori.

In questo articolo abbiamo cercato di capire se e quando questa storia così complessa ha causato una discontinuità matrilineare nella popolazione locale. Lo abbiamo fatto analizzando una porzione del DNA mitocondriale in 119 campioni della regione, datati all’età del Rame (circa 5.000 anni fa); al periodo romano; al Rinascimento e ai giorni nostri. Abbiamo anche incluso alcune sequenze etrusche provenienti da tutta la Toscana e una località del Lazio.

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Utilizzando simulazioni al computer, abbiamo scoperto che l’ipotesi più probabile per spiegare la diversità genetica nei nostri campioni è che appartengano alla stessa popolazione, in continuità nel tempo. Questo risultato ci ha sorpreso molto: gradi simili di continuità a lungo termine sono stati osservati principalmente in zone geograficamente isolate, mentre (come abbiamo visto) la Toscana nord-occidentale è stata un corridoio di popoli.

Una possibile spiegazione di questi risultati è che i cambiamenti storici osservati nella Toscana nord-occidentale (conquiste, immigrazione ecc.) abbiano comportato prevalentemente l’arrivo di uomini dall’esterno che si sarebbero uniti con donne locali. È anche possibile che i conquistatori esterni (romani, longobardi, francesi) e la popolazione locale non si mescolassero in modo significativo perché facevano parte di gruppi sociali diversi. Qualunque sia la regione, gli odierni lucchesi sembrano essere i diretti discendenti delle donne vissute millenni fa, insegnandoci che la continuità genetica non si trova solo in comunità isolate.

Articolo

Michela Leonardi, Anna Sandionigi, Annalisa Conzato, Stefania Vai, Martina Lari, Francesca Tassi, Silvia Ghirotto, David Caramelli, Guido Barbujani
The female ancestor’s tale: long term matrilineal continuity in a nonisolated region of Tuscany.
American Journal of Physical Anthropology ; 167: 497–506. https://doi.org/10.1002/ajpa.23679

Abstract

Objectives: With the advent of ancient DNA analyses, it has been possible to disentangle the contribution of ancient populations to the genetic pool of the modern inhabitants of many regions. Reconstructing the maternal ancestry has often highlighted genetic continuity over several millennia, but almost always in isolated areas. Here we analyze North‐western Tuscany, a region that was a corridor of exchanges between Central Italy and the Western Mediterranean coast.

Materials and methods: We newly obtained mitochondrial HVRI sequences from 28 individuals, and after gathering published data, we collected genetic information for 119 individuals from the region. Those span five periods during the last 5,000 years: Prehistory, Etruscan age, Roman age, Renaissance, and Present‐day. We used serial coalescent simulations in an approximate Bayesian computation framework to test for continuity between the mentioned groups.

Results: Our analyses always favor continuity over discontinuity for all groups considered, with the Etruscans being part of the genealogy. Moreover, the posterior distributions of the parameters support very small female effective population sizes.

Conclusions: The observed signals of long‐term genetic continuity and isolation are in contrast with the history of the region, conquered several times (Etruscans, Romans, Lombards, and French). While the Etruscans appear as a local population, intermediate between the prehistoric and the other samples, we suggest that the other conquerors—arriving from far—had a consistent social or sex bias, hence only marginally affecting the maternal lineages. At the same time, our results show that long‐term genealogical continuity is not necessarily linked to geographical isolation.

Am J Phys Anthropol. 2018;1–10. https://doi.org/10.1002/ajpa.23679 

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