Locandina del Festival della Scienza di Genova, edizione 2022
Il DNA, uno dei concetti di base della biologia, è noto per essere il “libretto di istruzioni” della vita. È meno noto, però, che può anche diventare uno strumento per ricostruire il passato. Nascoste nelle sue sequenze si annidano infatti migliaia di storie: una enorme biblioteca scritta in un linguaggio composto da sole quattro lettere e frutto di milioni di anni di evoluzione. Il DNA antico, estratto dai resti del passato, ci ha regalato un punto di vista privilegiato per ricostruire storie ormai sepolte da tempo e inaccessibili da altre fonti. In questo incontro sfoglieremo alcuni di questi libri antichissimi e leggeremo alcune di queste storie, che parlano di amore e di guerra, di viaggi e di commerci, di estinzioni e di rivoluzioni… alla scoperta di quelle pagine del nostro passato che sono scritte nel linguaggio del DNA.
Questo capitolo descrive cosa sono e come si fanno le ricostruzioni demografiche sulla base dei dati genetici. Vuole essere uno strumento per gli studiosi al di fuori del campo della genetica delle popolazioni (ad esempio archeologi, antropologi, ecc.) per comprendere meglio il significato e i limiti intrinseci della demografia genetica e per aiutare a integrare i suoi risultati nel più ampio contesto della ricostruzione del passato umano.
Il capitolo passa anche in rassegna gli studi che utilizzano questi metodi per ricostruire la transizione demografica del Neolitico.
Abstract
The present work describes the basic principles underlying demographic reconstructions from genetic data, and reviews the studies using such methods with respect to the Neolithic Demographic Transition. It is intended as a tool for scholars outside the field of population genetics (e.g., archaeologists, anthropologists, etc.) to better understand the significance and intrinsic limitations of genetic demography, and to help integrate its results within the broader context of the reconstruction of the human past.
Un preprint a cui ho collaborato è appena uscito su bioRxiv!
In questo lavoro, abbiamo studiato il ruolo del clima e delle montagne nel plasmare la variabilità genetica umana passata e presente.
Lo studio del DNA ci dice che le popolazioni umane contemporanee derivano dalla mescolanza di gruppi ancestrali diversi fra loro, le cui origini sono sconosciute. In teoria, analizzare campioni di DNA antico potrebbe aiutare a capire meglio la loro origine, Purtroppo in questo caso non è possibile perché non abbiamo abbastanza campioni dell’età giusta.
Per questo motivo abbiamo utilizzato una strategia diversa. Abbiamo simulato la storia genetica degli esseri umani nella loro diffusione fuori dall’Africa, utilizzando diversi valori per definire come le popolazioni si spostavano e reagivano ai cambiamenti del clima. In questo modo possiamo vedere se siamo in grado di ricostruire la diversità genetica osservata (spoiler: sì!) e quali parametri e variabili climatiche l’hanno influenzata.
Per esempio, i nostri risultati indicano che l’aridità è il fattore chiave che controlla quando gli esseri umani sono usciti dall’Africa per colonizzare il resto del mondo. Abbiamo anche visto che le montagne possono agire come enormi barriere genetiche ma solo in alcune aree (ad esempio succede per il Caucaso e l’Himalaya, ma non per gli Urali).
Grazie a questo studio, non solo abbiamo potuto ricostruire una parte importante della nostra storia genetica, ma abbiamo anche potuto definire quanto e quando il clima e le montagne hanno facilitato o ostacolato la nostra diffusione fuori dall’Africa.
Preprint
Pierpaolo Maisano Delser, Mario Krapp, Robert Beyer, Eppie R Jones, Eleanor F Miller, Anahit Hovhannisyan, Michelle Parker, Veronika Siska, Maria Teresa Vizzari, Elizabeth J. Pearmain, Ivan Imaz-Rosshandler, Michela Leonardi, Gian Luigi Somma, Jason Hodgson, Eirlys Tysall, Zhe Xue, Lara Cassidy, Daniel G Bradley, Anders Eriksson, Andrea Manica Climate and mountains shaped human ancestral genetic lineages bioRxiv 2021.07.13.452067; doi: https://doi.org/10.1101/2021.07.13.452067
Abstract
Extensive sequencing of modern and ancient human genomes has revealed that contemporary populations can be explained as the result of recent mixing of a few distinct ancestral genetic lineages. But the small number of aDNA samples that predate the Last Glacial Maximum means that the origins of these lineages are not well understood. Here, we circumvent the limited sampling by modelling explicitly the effect of climatic changes and terrain on population demography and migrations through time and space, and show that these factors are sufficient to explain the divergence among ancestral lineages. Our reconstructions show that the sharp separation between African and Eurasian lineages is a consequence of only a few limited periods of connectivity through the arid Arabian peninsula, which acted as the gate out of the African continent. The subsequent spread across Eurasia was then mostly shaped by mountain ranges, and to a lesser extent deserts, leading to the split of Europeans and Asians, and the further diversification of these two groups. A high tolerance to cold climates allowed the persistence at high latitudes even during the Last Glacial Maximum, maintaining a pocket in Beringia that led to the later, rapid colonisation of the Americas. The advent of food production was associated with an increase in movement, but mountains and climate have been shown to still play a major role even in this latter period, affecting the mixing of the ancestral lineages that we have shown to be shaped by those two factors in the first place.
La transizione neolitica in Europa è stata guidata dalla rapida dispersione degli agricoltori del Vicino Oriente che, in un periodo di 3.500 anni, hanno portato la produzione alimentare negli angoli più remoti del continente. Tuttavia, questa ondata di espansione è stata tutt’altro che omogenea , con un marcato rallentamento osservato a latitudini più elevate,che potrebbe essere legato alle diverse condizioni climatiche che gli agricoltori neolitici hanno incontrato nei loro spostamenti.
Abbiamo testato questa ipotesi. Per prima cosa, abbiamo calcolato le rotte di espansione nelle varie zone usando un vasto database che raccoglie le date archeologiche del primo arrivo dell’agricoltura in tutta Europa. Ne abbiamo identificate quattro, mostrate nell’imagine qui sotto.
Le quattro rote di espansione Neolitica identificate tramite le date al radiocarbonio associate alla prima comparsa dell’agricoltura nelle varie zone
Lungo tre di queste rotte, si nota un rallentamento (linee più spesse nell’immagine) al sumperamento di una certa soglia (verde chiaro nella mappa) nella somma termica, un valore che riflette la qualità della stagione di crescita. Questo suggerisce che le colture, provenienti dal Vicino Oriente, potrebbero aver faticato in condizioni climatiche più difficili, non permettendo alle popolazioni Neolitiche di produrre abbastanza per sostenere un aumento della popolazione e/o un’espansione.
Lo studio del DNA antico, inoltre, ci mostra che in concomitanza dei valori soglia di somma termica aumenta il livello di mescolanza fra agricoltori e cacciatori-raccoglitori, suggerendo che i raccolti inaffidabili in queste regioni potrebbero aver favorito il contatto tra i due gruppi.
Lia Betti, Robert M. Beyer, Eppie R. Jones, Anders Eriksson, Francesca Tassi, Veronika Siska, Michela Leonardi, Pierpaolo Maisano Delser, Lily K. Bentley, Philip R. Nigst, Jay T. Stock, Ron Pinhasi & Andrea Manica
Climate shaped how Neolithic farmers and European hunter-gatherers interacted after a major slowdown from 6,100 BCE to 4,500 BCE
The Neolithic transition in Europe was driven by the rapid dispersal of Near Eastern farmers who, over a period of 3,500 years, brought food production to the furthest corners of the continent. However, this wave of expansion was far from homogeneous, and climatic factors may have driven a marked slowdown observed at higher latitudes. Here, we test this hypothesis by assembling a large database of archaeological dates of first arrival of farming to quantify the expansion dynamics. We identify four axes of expansion and observe a slowdown along three axes when crossing the same climatic threshold. This threshold reflects the quality of the growing season, suggesting that Near Eastern crops might have struggled under more challenging climatic conditions. This same threshold also predicts the mixing of farmers and hunter-gatherers as estimated from ancient DNA, suggesting that unreliable yields in these regions might have favoured the contact between the two groups.